venerdì 1 maggio 2015

BLOG TOUR: "Facemmo l'amore una notte di maggio" di Domenico Andrea Schiuma - II Tappa

Buongiorno topini, anche se oggi è giorno di festa noi ci siamo comunque e con una bella tappa del blog tour di "Facemmo l'amore una notte di maggio" scritto da Domenico Andrea Schiuma.
Siete pronti??

******************* BLOG TOUR *******************
Capitolo 1
Il signor Nicola Mastrogiovanni arrivò alla stazione di Bari l'ultimo lunedì di aprile alle 17.15 spaccate. Nonostante non si fosse ancora in estate, nella città pugliese faceva un gran caldo. Nicola era vestito con un pantalone grigio lungo e largo, di quelli che andavano particolarmente di moda negli anni'60, e un maglione che sarebbe andato decisamente meglio in autunno che in primavera. Insieme al signor Mastrogiovanni da quel treno scesero decine di persone. Tanti ragazzi, vestiti in maniera decisamente più moderna, con t-shirt e jeans strappati all'altezza del ginocchio e della coscia; ma anche tanti uomini adulti come lui, che però si erano adattati al clima primaverile e, più probabilmente, anche alle mode contemporanee. Si sarebbe quindi potuto dire che il signor Nicola Mastrogiovanni non fosse solamente fuori stagione, ma anche un po' fuori dal mondo. Prese a camminare verso l'uscita della stazione, col suo trolley in mano, seguendo la massa delle persone che si dirigeva per l'appunto verso l'uscita. A un tratto, però, cambiò direzione e, dopo aver sceso le scale che portavano dal binario al corridoio sotterraneo della stazione, invece di svoltare a sinistra come facevano tutti se ne andò verso destra. Bari era una città completamente nuova per lui. Seguì il corridoio fino in fondo. Un'altra scalinata. Salì. Si ritrovò di fronte a una via larga, lunghissima e altrettanto trafficata. Attraversò la strada, pregando che nessuno lo investisse nel frattempo. Risalì la strada per centinaia di metri, senza avere una precisa destinazione dove andare. A un certo punto decise di prendere una traversa a sinistra. Risalì quella nuova strada sino al suo termine, dopodiché proseguì a destra, e poi di nuovo a destra. Si ritrovò di fronte a un'enorme piazza circolare, dominata al centro da una mastodontica rotonda. Al centro della rotonda c'era una fontana che spruzzava acqua con un gettito molto forte. "Guarda un po' che carina questa piazza" pensò il signor Mastrogiovanni, rimanendo fermo all'incrocio tra la strada da cui usciva e quella piazza. Voltando un attimo la testa verso destra, un cartello gli diceva esattamente dove si trovava: Piazza Giulio Cesare. Attraversò la strada. Dovette aspettare un po' prima che qualche macchina lo facesse passare sulle strisce pedonali. Questo lo fece innervosire. "Ma come" pensò "è possibile che in questa città nessuno mi faccia passare, nemmeno sulle strisce pedonali?". Alla fine, un'anima pia decise di frenare la macchina e di far attraversare la strada al signor Nicola Mastrogiovanni.Girò mezza fontana e notò che, oltre essa, di fronte a sé, c'era un'altra enorme piazza bianca, col pavimento probabilmente di marmo. Su questo, sistemate un po' casualmente, c'erano delle panchine bianche, che lasciavano aperto un corridoio che portava a un enorme cancello, oltre il quale si stagliava un meraviglioso palazzo con la facciata bianca e arancione.Nicola attraversò nuovamente la strada, facendo meno fatica della volta precedente; alla sua destra, a lato di una discesa che portava in un parcheggio, vide un cartello blu con sopra una scritta bianca:”Policlinico di Bari”. Soddisfatto per aver scoperto la natura di quell'edificio senza aver dovuto fermare qualcuno per chiedere informazioni, Nicola Mastrogiovanni voltò le spalle e attraversò per la terza volta quella strada dannatamente trafficata, maledicendo in mente sua tutta la famiglia di un autista che aveva rischiato di metterlo sotto, ritornando così sulla rotonda. Ne girò un quarto verso sinistra e in quel momento gli venne il desiderio di possedere delle ali per poter sorvolare la carreggiata, piuttosto che guadarla di nuovo, come se si trattasse di un fiume in piena la cui corrente rischiasse di trascinarlo via con sé. Ma non gli spuntarono le ali. "Cavolo" pensò dentro sé "il caso mi avrebbe potuto aiutare un po' di più, facendomi ritrovare magari in una zona meno trafficata!". Riuscì, finalmente, ad attraversare per la quarta volta in pochi minuti quella carreggiata diabolica, spostandosi definitivamente sul marciapiede di sinistra, in quel momento un genitore dopo un lungo viaggio per lui. Scendendo lungo la nuova strada per una cinquantina di metri, il suo sguardo fu catturato da un'insegna verticale bianca su sfondo verde:"Hotel 3 stelle". Senza un'ombra di dubbio, impulsivamente, decise di entrarci. Si trovò subito di fronte una scrivania in mogano, oltre la quale si intravedevano documenti e cartacce di vario genere. Dietro la scrivania non c'era nessuno, ma il signor Nicola Mastrogiovanni non volle chiamare nessuno e attese con pazienza che qualcuno si facesse vivo. Oltre la scrivania, sulla sinistra, c'erano delle scale, che probabilmente conducevano alle camere del primo piano, e una porta che, nei pensieri di Nicola Mastrogiovanni, avviava alla sala ristorante. Da questa porta uscì un giovane uomo di circa trentacinque anni, vestito conseguentemente al clima ma comunque con una certa eleganza. Quando vide un uomo di fronte alla scrivania si fermò un attimo, lo squadrò e mosse la testa in segno di diniego. Alzò la testa e, petto in fuori pancia in dentro, camminò a grandi passi verso la scrivania. "Buongiorno" esclamò una volta fattosi vedere dal signor Mastrogiovanni, tendendogli la mano. "B...buongiorno" rispose esitante il signor Mastrogiovanni, stringendogli a sua volta debolmente la mano. "Come posso aiutarla?"chiese il proprietario dell'albergo. Poi si sedette alla sua scrivania. "Desidererei prendere una stanza". "Certamente, ma lasci che prima la avverta sui prezzi. Se vuole, lì alla sua destra, come da legge, c'è il listino dei prezzi che può consultare, ma glieli comunico io direttamente. Il nostro albergo è un tre stelle, ma ha pur sempre dei costi". "I...immagino di sì". "Sarebbero quaranta euro a notte". "Pasti inclusi o esclusi?" "Inclusi, naturalmente". "Ah, capisco". Per qualche istante, Nicola Mastrogiovanni non pronunciò una parola. Altrettanto fece il proprietario dell'albergo che, mentre Nicola rifletteva, occupava il suo tempo sistemando le cartacce sulla scrivania e fischiettando, ostentando una finta indifferenza. Si aspettava, una volta rialzato lo sguardo, di non trovare più di fronte a sé quell'alienato dimenticato da Dio. Si dovette infatti sorprendere quando la voce del signor Mastrogiovanni esclamò: "Ne prendo una per un mese". Smise istantaneamente di fare quello che stava facendo. Alzò lentamente la testa, corrucciando le sopracciglia e aprendo leggermente la bocca. Per lui, quelle parole dovevano essere state pronunciate da un fantasma. "Come ha detto, scusi?" "Prendo una camera per un mese". "D'accordo, ma mi faccia capire: come ha intenzione di pagare?" "Un...un...un attimo". Il signor Mastrogiovanni si chinò per aprire la valigia e, contestualmente, il proprietario del tre stelle si alzò per vedere che cosa quello strambo uomo stesse combinando. Una volta aperta la valigia, il signor Mastrogiovanni ne estrasse un grosso sacco di pezza. Dentro c'era una cifra ragguardevole, sicuramente ben superiore a quella richiesta per poter soggiornare in quell'albergo anche per un periodo così lungo. Poggiò, quasi buttandolo, il sacco sulla scrivania del proprietario, che lo aprì e vide che all'interno c'erano mazzette di banconote da cento euro. Alzò sbalordito lo sguardo verso in suo interlocutore. Con chi aveva a che fare? Con un politico corrotto che aveva incassato delle tangenti? Non era possibile, quell'uomo non aveva l'aria della persona colta e raffinata. Con un criminale che doveva riciclare denaro sporco in un'altra città? Magari un ricercato? Più probabile, ma allora sarebbe stata una grandissima imprudenza andare ad alloggiare in un albergo, perché, qualora le forze dell'ordine si fossero messe sulle sue tracce, là l'avrebbero sicuramente trovato, e il proprietario sarebbe stato costretto a collaborare. "Va bene... in contanti?" Adesso a tentennare era il proprietario. "Credo... ecco... Certamente, va benissimo. Possiamo fare così. Mi paga adesso la prima settimana e alla sua partenza le altre tre. Le va bene?" "Benissimo". "Sarebbero... Duecentottanta euro". Nicola Mastrogiovanni scrutò all'interno del sacchetto con i soldi, facendo pian piano con le mani, come se temesse che sgualcendo le banconote esse perdessero il loro valore. Diede così i soldi al proprietario. "Dovrebbe darmi il resto" disse lui con calma. A quel punto, Nicola si sarebbe potuto comportare con supponenza nei confronti del proprietario. Aveva capito che cosa l'altro avesse pensato di lui a prima vista. Ma non lo fece. Non era nella sua indole. "Ah, giusto, dimenticavo" fece il signor Spadone, il proprietario. "Dovrebbe darmi la carta d'identità, per favore". "Sì, subito" rispose il signor Mastrogiovanni, che mise una mano in tasca e ne estrasse la carta d'identità. Il proprietario la aprì e la osservò con un'espressione a metà tra l'incredulo e il sospettoso.
 “Lei compili questo fino a qui, per piacere” disse il proprietario, porgendo un foglio al signor Mastrogiovanni.
 Nicola obbedì. "Perfetto" esclamò il proprietario a operazioni concluse. Tenendo con sé la carta d’identità, compilò un’altra parte del foglio. Poi restituì il documento a Mastrogiovanni."Adesso, desidera andare subito in camera?" "Sì, grazie". "Allora aspetti un attimo, vado di là a chiamare mio figlio, le darà una mano a portare i bagagli". "La ringrazio". Così dicendo, il proprietario si alzò dalla propria scrivania e andò via. Il signor Nicola Mastrogiovanni, nel frattempo, prese il sacco con i soldi e lo rimise in valigia. Ebbe anche il tempo sufficiente per dare una rapida occhiata alla sala d'attesa dell'albergo. Attaccate alle pareti c'erano alcune foto d'epoca, in bianco e nero, che rappresentavano probabilmente i luoghi più belli della città di Bari e un uomo vestito quasi sempre in camicia e pantaloni lunghi, che aveva tutte le fattezze dell'attuale proprietario. Doveva esserne il padre. Un istante prima che quest'ultimo tornasse con suo figlio, il signor Nicola Mastrogiovanni notò sulla scrivania, a un paio di metri da sé, un giornale. Poi fu interrotto dal ritorno del proprietario. "Perdoni il ritardo, signore. Adesso mio figlio la aiuterà a portare sopra i bagagli". "È di oggi?" chiese Nicola Mastrogiovanni. Pareva che l'ultima frase del proprietario non gli fosse interessata più di tanto. "Cosa?" "Il giornale che sta sulla scrivania". "Ah, sì, certo". "Posso prenderlo?" "Certo, è a disposizione degli ospiti". "Posso anche portarlo in camera?" Il proprietario fece una smorfia. "Guardi, se fossimo in alta stagione e se quindi ci fosse più gente, le direi di no. Ma considerato che in questo periodo in albergo c'è poca gente e che in questo momento è quasi tutta fuori, ok, se lo porti anche in camera". Così, il signor Nicola Mastrogiovanni si avvicinò al giornale, ma non lo prese immediatamente. Allungò il braccio per afferrarlo ma diede di sottecchi una sbirciata al proprietario che lo osservava, quasi per ottenere una sua ulteriore e definitiva conferma. Alla fine lo afferrò, proprio come Carlo, il figlio del proprietario dell'albergo-un ragazzo alto con dei capelli a spazzola troppo ossigenati per essere considerati di un biondo naturale- aveva afferrato contemporaneamente la sua valigia per portarla in camera. "Vuole salire?" gli richiese il proprietario dell'albergo. "Adesso mi farebbe piacere". "Prego, le do la chiave. Camera 154, mio figlio, che le porterà anche la valigia, la accompagnerà". "Bene, la ringrazio". Così, il signor Nicola Mastrogiovanni attese che il figlio del proprietario gli passasse davanti affinché lo conducesse alla camera che gli era stata assegnata. Il proprietario, signor Rocco Spadone, rimase giù a guardare, le mani ai fianchi, l'aria interdetta, il figlio che accompagnava su quello strano signore. Mentre percorrevano ancora la prima scalinata, il signor Spadone si diede una mano sulla fronte, allungò il braccio destro e una gamba verso i due uomini sopra di lui e chiamò l'ospite. "Ah, signore!" Sia Carlo che il signor Nicola Mastrogiovanni si fermarono. Carlo poggiò un attimo la valigia sul gradino sul quale si era fermato e si voltò completamente verso il padre. Nicola, invece, si fermò, col braccio sinistro poggiato alla ringhiera della scalinata, voltando solo la testa verso il proprietario. "Le volevo dire gli orari dei pasti. Colazione dalle 8 alle 9 e 30. Pranzo dalle 12 e 30 alle 14. Cena dalle 19 e 30 alle 21". Il signor Nicola Mastrogiovanni bofonchiò qualcosa, forse un grazie, forse nulla, semplicemente quell'informazione non gli interessava un granché. Voltando definitivamente le spalle al signor Spadone, Nicola sentì il rumore di un fax che si metteva in funzione. Nicola seguì il giovane fino alla sua camera. Carlo lasciò la valigia sulla porta del signor Mastrogiovanni e andò subito via, abbozzando un saluto che comunque il signore non colse o fece finta di non cogliere, perché non lo contraccambiò. Infilò la chiave nella serratura e la girò verso destra. Entrò in camera e passò i primi cinque minuti a esplorare il nuovo ambiente. C'era tutto quello che si sarebbe aspettato da un hotel a tre stelle. Un armadio di legno non particolarmente grande, una scrivania sufficientemente spaziosa per poterci poggiare sopra un computer e qualche libro, la moquette per terra, una finestra che dava sulla strada che pochi minuti prima il signor Mastrogiovanni aveva percorso, un bagno un po' piccolo ma ben pulito. Si buttò sul letto, e gli sembrò un po' duro rispetto a quello cui era da sempre abituato. Pazienza, pensò: c'avrebbe fatto il callo. Quand'era arrivato, in maniera istintiva, prima di cominciare la perlustrazione della stanza aveva gettato il giornale sulla scrivania. Dopo essersi buttato sul letto e aver giaciuto sullo stesso per qualche minuto, decise che era ora di leggere qualcosa. Si alzò e recuperò il giornale, ritornando poi a sedersi sul letto. Qualche notizia di politica interna, qualcuna di economia, qualcuna di sport. Ma la sua attenzione fu attratta da un pezzo, poco più di un paragrafetto, scritto nella sezione del giornale che si occupava di cronaca nera. 
 
[...]L'uomo deve essersi allontanato da Modugno tra il pomeriggio e la sera del sabato. I suoi parenti ne hanno denunciato la scomparsa domenica sera, andando contro la prassi dell'attesa delle quarantotto ore per effettuare una denuncia per scomparsa. L'uomo, ovviamente, non si è ancora fatto vivo. Pare che avesse problemi lavorativi.Allegata, la foto dello scomparso.  
Nicola Mastrogiovanni pensò di essere vittima di una maledizione.  

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